Dai Processi intrapsichici alla qualità di vita
di Giovanni Anzuino, Psicologo-Psicoterapeuta
in collaborazione con la Dott.ssa Fabiana Caroli e la Dott.ssa Claudia Cocco
Pubblicato su: “Nuovi Orizzonti”
Nella realtà clinica psicologica troppo spesso l’intervento terapeutico si concentra sul sintomo e sulle dinamiche “interne” del paziente (schemi cognitivi), trascurando le condizioni della vita reale, che costituiscono un aspetto importantissimo per il raggiungimento del completo benessere e della totale remissione sintomatologica. Molte delle persone che giungono in terapia si trovano in uno stato di sofferenza e sfiducia in sé e nelle proprie capacità; questo stato produce un senso di insoddisfazione che nel tempo si trasforma in tristezza. Se non si interviene, questo stato d’animo sfocia in depressione e successivamente in disperazione. Per avere la prova basta vedere gli studi fatti da Lewinsohn et al., 1991 e Gonzale, Lewinsohn e Clark, 1985. Una volta attivata la depressione, questa viene probabilmente mantenuta e intensificata attraverso un un circolo vizioso che va dall’attivazione dello schema depressivo ai ricordi relativi alla depressione, come supportato da Beck 1967 e Singer e Salovey 1988. Partendo da questo presupposto, possiamo affermare con certezza che la terapia può considerarsi conclusa con successo quando, oltre la remissione dei sintomi, ci sia stato il conseguimento del benessere soggettivo e una maggiore soddisfazione del paziente nei confronti delle proprie condizioni di vita. In base a quanto abbiamo detto, possiamo delineare tre passaggi principali, attraverso i quali si struttura il percorso terapeutico, che vanno dal cercare di ridurre la sintomatologia, al mantenimento della stabilità conseguita e al raggiungimento dell’equilibrio all’interno della vita del paziente. Lo scopo dell’intervento è di creare una sorta d’immunità all’insoddisfazione depressiva facendo sviluppare al paziente adeguate capacità di gestione quali competenze relazionali, ottimismo, estroversione, autoefficacia e un buon livello di autostima. Sia nella nostraesperienza clinica che attraverso ricerche fatte da molti studiosi tra cui Frisch, Lazarus Folkman, Bandura, abbiamo riscontrato che, oltre agli opposti evidenziati precedentemente come fattori di immunità, ci sono diversi caratteristiche che predispongono l’individuo ad una maggiore vulnerabilità: – vissuto con bassa frequenza di eventi positivi; tendenza a rispondere in modo esagerato allo stress con risposte eccessive di rabbia e ansia; mancanza di figure di sostegno (amici, famiglia, confidenti…); predisposizione genetica; tendenza a porsi obiettivi di vita troppo elevati in base alle proprie capacità. Questi fattori di vulnerabilità non sono solo fattori predisponenti la sindrome depressiva reattiva ma sottendono anche altri tipi di patologie quali ansia, rabbia, dipendenze, problemi relazionali, disturbi alimentari, disturbo ossessivo-compulsivo. Di conseguenza, questo ci permette di intervenire utilizzando lo stesso metodo di trattamento. Di quanto detto sinora troviamo pieno riscontro nella Terapia della Qualità della Vita (QOLT) di Frish, metodo di psicoterapia breve integrato e provato su una vasta scala di disturbi, sia per quel che riguarda i fattori predisponenti che per quel che riguarda la metodologia d’intervento. In conclusione l’obiettivo è portare il paziente, attraverso una serie d’interventi, ad aumentare l’autoefficacia e a sviluppare nuove abilità di gestione; queste potrebbero essere le caratteristiche vincenti per affrontare le circostanze esterne in modo più realistico ed avere maggiore serenità e tranquillità nell’affrontare i diversi eventi della propria esistenza. Questo trattamento viene considerato all’avanguardia tra i modelli terapeutici più utilizzati.
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